Un viaggio attraverso le ricchezze storiche delle miniere nel Sulcis e nel Medio Campidano.
La Sardegna, conosciuta come “Isola dalle vene d’argento” (Argyròphleps Nesos) dai Micenei, Fenici, Greci ed Etruschi, è un tesoro di risorse minerarie. Questa ricchezza ha attirato l’attenzione di molte civiltà nel corso dei secoli, in particolare nelle regioni del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano.
L’attività estrattiva in Sardegna risale al Neolitico antico, con l’ossidiana come primo minerale di interesse. Con l’avvento della civiltà nuragica, si assiste all’inizio di un’industria mineraria che avrebbe caratterizzato i secoli successivi. I Romani, in particolare, hanno dato un forte impulso all’attività mineraria, scavando gallerie e costruendo fonderie.
Nel Medioevo, dopo un periodo di stasi, i Pisani riavviarono le attività estrattive, trasformando l’odierna Iglesias in un polo industriale. Questo percorso continuò fino al XX secolo, quando le miniere sarde chiusero una dopo l’altra tra gli anni ’80 e ’90.
Oggi, la Sardegna conserva un immenso patrimonio di archeologia industriale, inserito in un contesto di paesaggi spettacolari ed emozioni uniche. Tra questi, la miniera di Serbariu a Carbonia, la miniera di Nebida, Porto Flavia a Masua, la miniera di Ingurtosu ad Arbus e la miniera di Montevecchio a Guspini.
Ciascuna di queste miniere racconta una storia unica di sfide, innovazioni e cambiamenti. Da luoghi di duro lavoro e pericolo, sono diventati simboli di un passato industriale che continua a influenzare il presente. Oggi, queste miniere sono parte integrante del Parco Geominerario della Sardegna, un patrimonio che l’UNESCO ha definito “un perfetto luogo di contemplazione estetico”.
La storia delle miniere della Sardegna è un viaggio affascinante attraverso il tempo, che ci ricorda l’importanza delle risorse naturali e il ruolo che hanno svolto nel plasmare la storia e la cultura dell’isola.