Sta facendo ancora molto discutere l’iniziativa di Coldiretti Sardegna per sostenere le aziende agro-pastorali dell’isola attraverso l’arrivo di pastori kirghisi. Secondo quanto precisa l’associazione, l’obiettivo principale è garantire una manodopera qualificata e contribuire al rafforzamento del settore produttivo locale, combattendo al contempo il problema dell’abbandono delle campagne e dei piccoli centri, in cui la diminuzione delle nascite e l’invecchiamento della popolazione rappresentano sfide significative. Le polemiche però non sono mancate da parte di chi ha invece letto l’operazione come un tentativo di importare manodopera a basso costo.
“L’accordo per l’arrivo dei pastori kirghisi in Sardegna è ancora in fase di definizione – spiega Coldiretti – con alcuni passaggi da completare con il governo del Kirghizistan prima di poter presentare il programma alle autorità italiane competenti”. Questa iniziativa è stata avviata con un incontro tra Coldiretti Sardegna e l’ambasciatore del Kirghizistan in Italia, Taalay Barzabeev, seguito dalla visita di una delegazione di Coldiretti Sardegna in Kirghizistan.
Durante la visita è stato presentato un progetto pilota a medio-lungo termine alle autorità kirghise che mira all’inserimento di lavoratori stranieri e delle loro famiglie, in base alle esigenze, in tre distretti rurali: Sassari, Barbagie e Sarrabus, con il supporto di mediatori culturali. L’obiettivo successivo è la firma di un accordo-protocollo tra il Centro per l’impiego kirghiso e Coldiretti.
Il Kirghizistan è noto per le sue attività di allevamento e per la competenza nella produzione di formaggi a base di latte di pecora, nonché nell’allevamento dei cavalli. “L’obiettivo – assicura Coldiretti – è creare opportunità di lavoro sostenibile e promuovere il rispetto della legalità sia nei servizi sociali che nel settore produttivo, in particolare nell’agro-pastorale”.