In Sardegna sono quasi 84mila i lavoratori in nero. Producono valore aggiunto per 1.967 milioni di euro. Ricchezza che ovviamente sfugge al fisco, così come la loro attività è al di fuori di ogni possibile controllo, a cominciare da quelli sulla sicurezza.
E’ la stima fatta dalla Cgia di Mestre, che ha elaborato i dati Istat sul lavoro irregolare. Ovviamente si tratta di stime.
In Sardegna il tasso di irregolarità raggiunge il 13,6%. Dietro solo a Calabria, Campania, Sicilia e Puglia. Per un valore aggiunto che in Sardegna è sopra il 6,1% del totale.
In Italia si stima che siano quasi 3 milioni i lavoratori irregolari. Più della metà sono concentrati nei servizi alla persona (36,2%) e nel terziario (trasporti, commercio, alloggio, ristorazione, 23,1%). Insieme all’agricoltura, dove si sfiora il 17% di irregolari. Tutte attività particolarmente diffuse in Sardegna e in tutto il Meridione, dove il lavoro nero, infatti, dilaga, con oltre un milione di lavoratori irregolari, il 37,2% del totale.
La Cgia di Mestre stima che ammonti a 68 miliardi di euro il volume d’affari annuo riconducibile al lavoro irregolare presente in Italia. Il 35% circa di questo valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa è ascrivibile alle regioni del Sud. Ma il fenomeno è ormai esteso anche al Centronord, soprattutto per il ricorso a collaboratrici e collaboratori domestici (colf, badanti, baby sitter), settore dove il tasso di irregolarità raggiunge il 42,6%.