La moratoria regionale sulle energie rinnovabili in Sardegna, entrata in vigore per 18 mesi e recentemente dichiarata incostituzionale, rischia ora di trasformarsi in un boomerang finanziario per la Regione. Sebbene la norma non sia più in vigore e sia stata superata dalla nuova legge sulle aree idonee, i suoi effetti si fanno ancora sentire, con potenziali conseguenze economiche pesantissime.
A evidenziare il pericolo è una recente sentenza del Tar Sardegna che ha accolto il ricorso della Sassari Wind Srl, società che intendeva realizzare sei pale eoliche a Campanedda, nel comune di Sassari. A novembre 2024 il procedimento autorizzativo era stato sospeso dall’assessorato all’Ambiente, proprio in virtù della moratoria. Ora i giudici amministrativi hanno annullato il provvedimento, aprendo la porta a un’eventuale richiesta di risarcimento da parte dell’azienda.
Moratoria illegittima: colpa di un’ingerenza normativa
Secondo la Corte Costituzionale, la moratoria sarda ha invaso un ambito – quello della produzione energetica – che è esclusiva competenza dello Stato. Per questo motivo, ogni atto adottato in sua applicazione risulta viziato. La difesa della Regione, che aveva chiesto la cessazione della materia del contendere, non ha convinto il Tar, che ha dato invece ragione ai legali della Sassari Wind: anche se la norma non è più in vigore, la società ha diritto a un verdetto per poter eventualmente avviare un’azione risarcitoria.
Non solo. Una seconda sentenza, con contenuti analoghi, è stata emessa anche a favore della Sardegna Green, il cui progetto agrivoltaico era stato bloccato dal Comune di Sassari sulla base della stessa moratoria. Due pronunce che rappresentano un precedente giuridico potenzialmente devastante per la Regione.
Rischi milionari: dalle spese progettuali ai danni per mancata realizzazione
Il nodo centrale della questione riguarda ora i risarcimenti. Le società che hanno visto i propri progetti bloccati potrebbero chiedere non solo l’indennizzo per la mancata realizzazione degli impianti, ma anche per i costi sostenuti nella fase progettuale e di presentazione delle istanze: spese tecniche, consulenze, documentazioni ambientali, che in alcuni casi superano i centomila euro.
Basterebbe l’attivazione di poche richieste per generare importi esponenziali, difficili da sostenere per le casse regionali. In attesa di eventuali ricorsi al Consiglio di Stato, la Regione si trova ora davanti a uno scenario giudiziario delicatissimo, frutto di una scelta legislativa che rischia di trasformarsi in una battaglia legale dagli effetti imprevedibili.