Processo sull’immigrazione clandestina annullato: errore di competenza, tutto da rifare

Il dibattimento contro 13 imputati si interrompe dopo cinque anni: il reato è di competenza della Corte d’assise, non del tribunale collegiale

Un clamoroso errore procedurale ha azzerato il processo alla presunta banda accusata di aver favorito l’immigrazione clandestina in cambio di denaro. Dopo cinque anni dal rinvio a giudizio e ormai giunti alle battute finali del dibattimento, i giudici del tribunale collegiale hanno riconosciuto la propria incompetenza per materia, accogliendo l’eccezione presentata dai difensori degli imputati.

Il caso e l’errore

Il procedimento vede coinvolti 13 imputati, accusati dalla Procura della Repubblica – con a capo il pm Enrico Lussu – di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dall’associazione a delinquere. Proprio questo elemento – l’aggravante associativa – cambia completamente il quadro giuridico: non si tratta più di un reato di competenza del tribunale ordinario, ma della Corte d’assise.

Eccezione accolta, processo azzerato

Ieri mattina, i giudici del tribunale collegiale hanno accolto l’eccezione di incompetenza per materia formalizzata dagli avvocati della difesa: Sebastiano Desogus, Valeria Cau, Massimo Puddu, Fabio Pili, Massimo Atzeni, Hiram Cossu e Fabio Cannas. Gli atti del procedimento sono stati quindi restituiti al pubblico ministero, che ora dovrà formulare una nuova richiesta di udienza preliminare presso l’organo competente, la Corte d’assise.

Cos’è l’incompetenza per materia

In ambito giuridico, si parla di incompetenza per materia quando un tribunale non è titolato a giudicare un reato che rientra nella competenza esclusiva di un altro organo giudiziario. In questo caso, il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina aggravato dall’associazione a delinquere eleva la gravità del fatto, portando il processo sotto la giurisdizione della Corte d’assise, normalmente competente per reati particolarmente gravi, quali omicidi, stragi, reati associativi complessi.

Cinque anni di iter giudiziario da rifare

Il procedimento, che stava per giungere alla fase finale con la discussione del pubblico ministero, dovrà ora ripartire da zero: nuova udienza preliminare, nuove ammissioni probatorie, nuovo dibattimento. Una situazione che prolunga ulteriormente i tempi della giustizia, rischiando di compromettere anche la tenuta delle prove e la memoria degli eventi.

Le reazioni

Nessun commento ufficiale dalla Procura, mentre tra i difensori si respira soddisfazione professionale per l’accoglimento dell’eccezione sollevata. Un passaggio tecnico tutt’altro che banale, che ha evidenziato una lacuna nella valutazione iniziale della competenza giurisdizionale, passata inosservata per anni.

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