La presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde, ha deciso di non arrendersi alla sentenza del Tribunale civile che ha confermato la validità dell’ordinanza del Collegio di garanzia elettorale: i suoi legali hanno infatti presentato ricorso in appello, con l’obiettivo di capovolgere il giudizio che ha certificato violazioni sostanziali e gravi nella gestione delle spese elettorali per la campagna delle Regionali.
A firmare il ricorso sono gli avvocati Benedetto e Stefano Ballero, Giuseppe Macciotta e Priamo Siotto, che contestano punto per punto le motivazioni dei giudici, ritenute dalla difesa troppo severe e interpretate in maniera non conforme al quadro normativo.
Il nodo delle irregolarità e la sentenza di primo grado
Il Tribunale aveva respinto il ricorso della Todde, confermando l’operato del Collegio di garanzia che aveva sanzionato la presidente per la mancata osservanza di norme fondamentali sulla trasparenza e tracciabilità dei fondi elettorali.
Nella sentenza, i giudici avevano sottolineato come le violazioni non fossero meri vizi formali, bensì infrazioni “plurime, sostanziali e gravi”, tali da “compromettere la regolarità e la trasparenza” dell’intera gestione della campagna.
Tra i rilievi più critici:
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Assenza di un conto corrente dedicato, in violazione dell’art. 2 della legge 515/1993: la Todde ha dichiarato di essersi affidata al Comitato del Movimento 5 Stelle, ma il Tribunale ha ribadito che l’apertura del conto era un obbligo personale e inderogabile.
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Mancanza di un mandatario elettorale e assenza di rendiconto asseverato: la candidata aveva ritenuto non necessaria tale nomina, ma per i giudici si tratta di una violazione diretta della normativa sulla rendicontazione.
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Presentazione di documentazione non idonea: invece dell’estratto conto bancario ufficiale, è stata depositata una semplice lista movimenti, ritenuta insufficiente a garantire la trasparenza e la tracciabilità dei flussi di denaro.
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Carenza informativa generale sull’origine e sull’uso dei fondi utilizzati: una condotta giudicata opaca e contraria ai principi di corretta gestione delle risorse pubbliche e private nelle campagne elettorali.
Verso lo scontro istituzionale
La sentenza non ha disposto la decadenza della presidente, rimettendo tale decisione al Consiglio regionale, ma ha stabilito in modo chiaro l’entità delle violazioni. Secondo i giudici, le aggravanti applicate dal Collegio erano “pienamente giustificate” e fondate sulla mancanza di elementi essenziali di rendicontazione.
Il ricorso in appello, depositato nei giorni scorsi, rappresenta quindi una strategia per mantenere in vita la legislatura, prolungandone l’orizzonte mentre si attende una pronuncia definitiva. La mossa dei legali mira non solo a ribaltare il verdetto ma anche a guadagnare tempo prezioso in un quadro politico sempre più delicato.
Sul piano istituzionale, lo scontro potrebbe allargarsi: da un lato, l’opposizione chiede chiarezza e rispetto delle regole, dall’altro, la maggioranza difende la legittimità dell’operato della presidente, parlando di strumentalizzazione politica delle norme sul finanziamento elettorale.