Manifesti pro Palestina a Chia: rimossi i cartelli con accuse a Israele

A Su Giudeu apparsi messaggi in ebraico e inglese contro i crimini di guerra: polemica politica e denuncia per antisemitismo

“I criminali di guerra non sono benvenuti in Sardegna e possono essere perseguiti dalla legge”: è questo il messaggio, scritto in inglese ed ebraico, comparso su alcuni manifesti affissi abusivamente a Chia, nel territorio comunale di Domus De Maria. Il contenuto, accompagnato da due hashtag inequivocabili – #freepalestine e #stopgenocide – ha scatenato una dura reazione politica e istituzionale.

I cartelli, apposti sopra pannelli turistici, contenevano anche un disegno ispirato alla tradizione sarda, che rappresenterebbe una fantasia tipica dell’artigianato artistico locale. L’iniziativa, tuttavia, non è stata firmata, e gli autori restano sconosciuti. La località scelta, la spiaggia di Su Giudeu, è apparsa simbolica, in quanto il nome potrebbe essere interpretato come riferimento al popolo ebraico, sebbene non vi sia alcuna evidenza di legami diretti.

La sindaca di Domus De Maria, Maria Concetta Spada, è intervenuta tempestivamente dopo la segnalazione. La polizia locale ha provveduto alla rimozione dei manifesti, in quanto privi di autorizzazione e potenzialmente in grado di creare tensioni nell’ordine pubblico. “Non erano stati autorizzati”, ha spiegato la prima cittadina, sottolineando la necessità di evitare escalation in un luogo a forte vocazione turistica.

Durissima la reazione di Mario Carboni, presidente dell’associazione Chenabura – Sardos Pro Israele, che ha condannato con fermezza l’azione definendola “esplicitamente razzista”. Carboni ha denunciato un gesto anonimo e codardo, che accusa di essere in linea con le retoriche antisemite del passato. «Gli autori di questo cartello dovrebbero firmarlo, come i firmatari dei manifesti razziali del fascismo», ha dichiarato, ricordando l’indignazione storica di Emilio Lussu nei confronti dei sardi che aderirono alle leggi razziali.

In particolare, Carboni ha criticato l’uso strumentale di un elemento della cultura identitaria sarda – come il ballo tradizionale – in un contesto considerato divisivo e fuori luogo. Ha poi ribadito la necessità di distinguere tra critica politica e propaganda antisemita, sostenendo che la pace arriverà solo con la fine del terrorismo di Hamas e la ricostruzione del tessuto sociale palestinese.

A riportare un ulteriore episodio è Alberto Bertolotti, titolare del chiosco Araj, che ha raccontato come alcuni soggetti si fossero presentati per affiggere materiali simili anche nella sua struttura, ricevendo però un netto rifiuto: “Qui non facciamo politica internazionale, chiunque è benvenuto”, ha affermato.

L’episodio ha riportato l’attenzione sull’uso dello spazio pubblico per campagne politiche non autorizzate, in un contesto – quello estivo e turistico – in cui la tensione internazionale rischia di interferire con la serenità del territorio. Nessuna rivendicazione ufficiale è finora giunta da parte di movimenti o gruppi, ma le indagini potrebbero chiarire l’origine dell’iniziativa.

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